Patrizia Capoccia /Il paese Nuovo

LECCE – “Sic Fiat Italia” più che un’opera cinematografica è un’opera di formazione. La pellicola di Daniele Segre, proiettata questa mattina alle Officine Cantelmo di Lecce durante un incontro-dibattito fortemente voluto dalla Fiom Cgil, partecipa alla XIII edizione del Festival del Cinema Europeo nella sezione “Cinema e realtà”.

Il referendum della Fiat a Mirafiori di cui si parla nel film è soltanto lo spunto per allargare lo sguardo sul presente e sull’attuale situazione del mercato del lavoro. Nell’opera di formazione “Sic Fiat Italia”, Mirafiori diventa l’Italia intera e i metalmeccanici della Fiat diventano i lavoratori di tutta la penisola.

Come si è arrivati a questo presente? Daniele Segre è bravissimo a concentrare in appena 57 minuti l’evoluzione (o meglio l’involuzione) di questo cammino. Il film si apre con le accese discussioni fra gli operai di Mirafiori che cercano di spiegare le ragioni del sì e del no al referendum. Chi si oppone alla rinuncia dei diritti acquisiti in anni di lotte per mantenere il lavoro dibatte contro chi invece è disposto ad accettare qualunque cosa pur di continuare ad avere un salario, per quanto minimo. Per l’intera durata della pellicola, la controparte aziendale e politica è presente soltanto attraverso le interviste catturate dalla tv. Le dichiarazioni di Marchionne, Berlusconi, Marcegaglia e D’Alema sono filtrate attraverso uno schermo, mentre a Mirafiori si discute dell’ “ultimatum” imposto dall’amministratore delegato Fiat.

La vera forza del lungometraggio però sta negli intermezzi che separano le varie sequenze girate a Mirafiori. Spezzoni in bianco e nero tratti da altri documentari dello stesso Segre intervallano e spezzano il flusso narrativo del presente. Sono le testimonianze degli operai del passato. Lavoratori in fabbrica o nei cantieri che appartengono a generazioni passate. Proprio attraverso la raccolta e la riproposta di queste testimonianze si riesce a tracciare il filo conduttore che restituisce l’immagine dell’Italia del lavoro degli ultimi vent’anni. Il mosaico via via si compone: dalle lotte per la conquista della busta paga, del diritto di assemblea all’interno delle fabbriche, del diritto ai quindici giorni di ferie si acquisisce nel tempo l’attitudine tipica dell’oggi «in cui non si crede più in niente, non si crede nell’unità sindacale e nella lotta, ma solo nel salario che viene speso appena guadagnato per comprare la macchina nuova».

Ma non è solo la classe dei lavoratori ad essere cambiata, qualcuno nel film afferma che «gli investimenti fino a vent’anni fa miravano a produrre occupazione, mentre oggi devono produrre ricchezza». «E’ una questione politica – tuona Luciana Castellina, presidente della giuria del festival, presente alla proiezione». «C’è un’incongruenza di fondo – continua Castellini. Nel trattato di Maastricht si afferma che l’Unione Europea è fondata sulla competitività, principio che è nettamente in contrasto con la nostra Costituzione che riconosce la proprietà privata, purché non leda i diritti sociali».

«Fare questo film – spiega Daniele Segre – è un atto dovuto. Uno strumento di formazione per capire come si è arrivati a questo presente fatto di solitudine».